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INTELLETTUALISMI

O, meglio, si potrebbe dire Comprensione Intellettuale. Per molti il lavoro di tentare un avanzamento verso questa è solo qualcosa di noioso, fondamentalmente inutile ed alla fin fine anche dannoso perché fuorviante in quanto porterebbe lontano dalla vera realtà, quella vissuta, distaccandosi dall'emotività e dalla comunicazione empatica con gli altri. Per altri, al contrario, sarebbe l'unica vera forma di conoscenza che possa effettivamente dirsi tale in quanto l'unica realtà valida per l'essere umano sarebbe quella del logos ovvero quella di ciò che è comunicabile e che lo è in modo definito, confrontabile ed eventualmente confutabile su un piano decontestualizzato, ovvero universale, astratto, secondo le regole della logica.

Oggi è di gran lunga più in voga la prima corrente forse perché la seconda, con l'affermazione delle ideologie politiche nel secolo scorso ha mostrato di quali disastri è capace se scambia la propria capacità di capire con il potere di creare la realtà. E forse anche perché la seconda richiede tempi più lunghi, paziente approfondimento, esercizio del dubbio…tutte cose poco adatte agli attuali ritmi frenetici di vita ed alla fretta di ottenere dei risultati, al culto per l'apparire ecc…

Io credo che le parole ed i concetti non possano altro che descrivere delle “mappe” della realtà e così le costruzioni teoriche: non saranno mai la realtà e potranno darne solo una schematica rappresentazione molto semplificata, impoverita e suscettibile di precisazione. Nondimeno, quella di redigere delle mappe, è una facoltà dell'essere umano. Una facoltà molto utile se si sta viaggiando su territori sconosciuti o se si vuole avere un quadro complessivo della situazione, del contesto. Specialmente in frangenti (sia personali che storici) in cui si è persa la rotta, non si hanno più punti di riferimento né si trova più il senso delle cose e l'ignoranza, la confusione e la menzogna regnano sovrane.
C'è chi preferisce viaggiare senza mappe e sta bene così, perdendosi nella via e badando solo a ciò che incontra di momento in momento. Forse non saprà mai dove si trova o forse soltanto non potrà dirlo in termini significativi per qualcun altro con cui non abbia una comunicazione/condivisione diretta. Ma può darsi che arrivi alla sua mèta lo stesso, forse anche laddove un altro, pur dotato di mappe, non ci arriverà.

Detto questo, ognuno ha le sue inclinazioni, ognuno esprime il suo modo di essere e con ciò alcuni aspetti delle mille potenzialità di un essere umano. Ed io sono uno che viaggia con una mappa. E la riesamino costantemente mentre procedo. Non solo, ma mi piace anche redigerne di nuove per conto mio, mi piace farlo per me ed anche nella speranza che possano essere utili ad altri. E, pure se si tratta di un'esercizio che va fatto con razionalità e con mente abbastanza fredda è al tempo stesso una cosa che, per chi è fatto così, comprende passione e direi pure amore - cosa che, mi rendo conto, chi ha l'ideologia dell'emozionalità e dell'antiintellettualismo, difficilmente può capire. So che una mappa non è indispensabile per tutti, ma so pure che, se la si usa, deve essere precisa e che per esserlo deve rispondere a determinati criteri in base ai quali si può stabilire se è valida oppure no ed anche se lo è più o meno di un'altra. Credo che questa relativa validità sia un fatto oggettivo da scoprire: non un'opinione (per quanto poi ognuno avrà sempre la sua). Perché non si tratta di stabilire se una “mappa” è più o meno valida per una persona in particolare (la quale, come già detto, può arrivare anche a preferire di farne del tutto a meno), ma se lo è (e fino a che punto) secondo i criteri di validità delle mappe, che hanno le loro regole date da una sintesi di coerenza logica e di coerenza con l'esperienza diretta.

Per questo, quando si parla di “non-rigidità intellettuale”, di apertura ad “altre narrazioni” e perfino di dialogo inter-religioso non mi trovo mai molto ben disposto. Se si intende un atteggiamento di rispetto o almeno di tolleranza per chi ha una visione diversa delle cose certo, per carità: il mondo è bello perché è vario - ovvero biodiverso - e non è certo il caso di farsi la guerra per queste cose - che alla fin fine son sempre idee e parole. Ma se rispetto reciproco ci deve essere non è perché tutte le varie visioni del mondo sono altrettanto valide, niente affatto, semmai perché in ultima alalisi son tutte false, tutte insufficienti. Il che non toglie che, sebbene nell'esercizio di un'arte nessuno arrivi mai alla perfezione, c'è comunque chi più e chi meno gli si avvicina e questo non si stabilisce secondo la popolarità della singola opera, ma in base ai criteri interni a quel tipo di arte.

La costruzione di “castelli teorici”, di filosofie, di weltanschauung, è un'arte come un'altra. Che uno può ignorare, ma che ha dei suoi principi di funzionamento in base ai quali si definiscono gerarchie di validità.
Oggi quest'arte è vista con sospetto, probabilmente per i motivi storici a cui ho appena accennato, ma anche perché è un bell'allenamento a pensare con la propria testa ed uno stretto vaglio con cui filtrare un sacco di stupidaggini attualmente in gran voga. Stupidaggini rivolte in un verso o nell'altro, ma, in quanto tali, tutte utili a far sì che la gente non ragioni abbastanza da andare al punto critico delle questioni e trarne le conseguenze. Si preferisce invece schierarsi a prescindere sul modello di visioni del mondo precostituite e spesso neanche conosciute davvero né riconosciute come tali.

Infine, per chi dice che la realtà è al di là delle parole e dei concetti, non potrei essere più d'accordo.
Ma attenzione: è al di là e non al di qua . Una cosa è aver percorso tutto il territorio dei discorsi e delle idee e, trovatone il limite, saltare al di là, e tutta un'altra accontentarsi di pensare, di credere, o di aderire all'idea che sia
al di là.
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