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SULL'INTELLIGENZA

In sintesi…
Noi crediamo di “avere” un'intelligenza e che l'intelligenza sia qualcosa di inseparabile da un “io”, qualcosa di legato all'essere una persona o quantomeno un soggetto pensante.
Ma è piuttosto questo io pensante ad essere uno dei molti possibili prodotti dell'intelligenza che si manifesta altrettanto nella crescita di una radice in direzione dell'acqua o in mille altre forme di adattamento delle specie all'ambiente.
L'intelligenza è piuttosto un aspetto intrinseco della Realtà, che illumina sé stessa, nella quale il conoscente e il conosciuto sono i due punti di vista di un avvenimento che risplende di luce propria.
La nostra percezione limitata e personale, in qualche modo egoistica, di tale facoltà è tutt'uno col nostro confondere il senso con lo scopo, della vita, ma di ogni momento particolare all'interno di essa.
Questa visione limitata rischia di trasformare lo strumento più efficace che abbiamo a disposizione - la forma che l'intelligenza prende in noi - nel nostro più grande pericolo: quello di esaurire la sua lucidità nel creare costantemente più problemi di quanti non riesca a risolvere.

(versione PDF)

A volte ci si chiede se alcuni animali non umani siano dotati di intelligenza. Altre sembra di scorgere in fenomeni naturali un disegno che li muove, anche quando si tratta di cose inanimate. Quando vediamo che la radice trova l'acqua sottoterra, che il tralcio della pianta rampicante si estende verso il ramo al quale si attaccherà, che gli atomi e le particelle mantengono determinate regolarità nel loro movimento. Ci chiediamo come possano queste cose “avere” un'intelligenza se non hanno una mente, se non possono dire “Io sono”.

Ma non credo che le cose stiano come siamo portati a credere: nè noi nè nessuno al mondo “possiede” un'intelligenza, e l' “Io” al quale fa riferimento il nostro pensiero - in ultima analisi - non siamo noi.
E neppure credo che ci sia una “Mente universale” che pensa nei corpi di tutti gli individui:…. verrebbe da dire che a volte potrebbe coordinarsi un pò meglio se fosse così.
No, quell' “Io” è solo un modo di dire nostro, del nostro pensiero. Nostro in quanto esseri umani, soggettivi. E l'intelligenza che vive in noi è il modo in cui l'Intelligenza funziona nel caso dell'essere umano ovvero secondo una modalità soggetto/oggetto, una modalità che separa, nomina, distingue e ricollega i vari elementi secondo la visione/punto di vista che ci è più utile per leggere, riordinare il mondo in una prospettiva di senso che ci dia modo di orientarci al suo interno, di agire nella maniera più opportuna per noi e anche di trarre da ciò la convinzione necessaria.
In questo modo leggiamo il mondo in modo coerente relativamente a un modo di vederlo, di “intelligerlo”. Un ordine, che, anche quando corrisponde alla realtà (e la nostra lettura funzionerà tanto meglio quanto più lo fa), è solo il riflesso di uno tra i vari sguardi possibili che comunque mai lo possono comprendere in modo esaustivo (modi possibili che sono moltissimi, virtualmente infiniti, ma niente affatto illimitati, perchè ci sono pure quelli sbagliati, illusori).
Ciò che noi chiamiamo “intelligenza”, in noi stessi, è piuttosto il nostro immateriale strumento evolutivo vincente col quale abbiamo, per ora, vinto la sfida selettiva per l'adattamento più efficace tra le specie viventi. È uno dei modi possibili in cui l'Intelligenza funziona: il modo soggetto/oggetto cioè il modo concettuale, quello a cui è legato il linguaggio.

Ma non è questa l'Intelligenza; non è questa la sua natura. In altre condizioni intelligenza può essere solo azione intuitiva: l'azione istintiva fatta nel modo giusto nel contesto giusto al momento giusto. La radicetta appena nata non “sa” dov'è l'acqua, non sa neppure cosa sia; la pianta rampicante non ha occhi per vedere dov'è il sostegno a cui attaccarsi, nè gli elementi basilari della materia hanno la volontà o la finalità soggettiva di non disgregarsi in un fiume informe di particelle. Non c'è coscienza nè finalità, ma ci sono intelligenza e conoscenza. Solo che, nella loro natura fondamentale, l'intelligenza e la conoscenza sono impersonali.
Noi, dato che ragioniamo secondo una modalità soggettiva, presupponiamo che, perchè ci sia intelligenza, ed ancor più conoscenza, deve esserci prima un “Io” che conosce e qualcos'altro, oggetto di conoscenza.

Il classico “cogito ergo sum” di Descartes sembra una proposizione nella quale da una constatazione ne discende un'altra, ma, nel dire ergo, ci si trova ancora nel campo del cogito per cui il sum rimane quello che era già prima, un presupposto di utilità logico-dialettica, verbalmente necessario, ma ontologicamente ancora non dimostrato nè definito nella sua natura.
In verità, l'attribuzione arbitraria di realtà a questa entità soggettiva (l'Io pensante) e l'attribuzione esclusiva a suo favore della facoltà dell'intelligenza viene dal vizio di fondo che si trova nel nostro errore di prospettiva.


L'Intelligenza è una facoltà, una caratteristica, una proprietà, una funzione intrinseca della Realtà, o se si preferisce, della “sostanza” (ma non c'è davvero alcuna sostanza) dell'universo, della materia ovvero dell'energia prima ancora che questa si faccia materia.
Non c'è un soggetto, perchè la Realtà è in sè stessa Movimento (non c'è nulla di fermo), è in-atto, è azione. E, come non c'è un “soggetto cosmico” che (a partire da uno stato “fermo”) “decide di” entrare in “azione”, così non ce n'è uno assoluto che costituisca un punto di vista permanente da cui sorgano conoscenza e creazione/“disegno intelligente”.

L'Intelligenza è sempre presente in ogni cosa che avviene e fa sì che sempre ci sia una tendenza primaria di fondo della materia e degli organismi viventi verso il comportamento più appropriato per la propria sopravvivenza/benessere nel contesto dato della convivenza con la varietà delle altre specie/individui ovvero nell'ambito di ciò che è realistico e possibile nel sistema-mondo naturale così com'è - quindi anche con la competizione inter e intraspecifica, con la limitatezza delle risorse ecc...
Per cui i comportamenti degli esseri viventi e della materia inanimata stessa, non sono messi in atto “allo scopo” di ottenere un dato risultato, ma sono l'azione spontanea che dà espressione al tempo stesso a un'esigenza e a un'intuizione, e gli dà forma nel contesto reale di un dato momento.
Ad esempio, l'azione di caccia di un predatore può certamente essere finalizzata a soddisfare la fame, ma ciò è perchè l'aver bisogno di mangiare fa parte, appunto, della sua condizione di animale, che è l'elemento centrale del suo contesto.
La “scelta” di trovarsi da mangiare, non è una scelta soggettiva: è un'esigenza obbligata, spontanea. L'opzione che si attua su base individuale è invece il modo in cui, ad esempio, cacciare la preda. Ma, nel caso di un animale, almeno, ciò non avviene (a quanto ne possiamo sapere oggi e comunque da ciò che appare dal loro comportamento) in seguito ad un ragionamento analitico, ma attraverso decisioni di fatto prese da un soggetto di fatto, non cosciente di essere tale ovvero che valuta inconsciamente la situazione e risponde istintivamente, senza la distinzione soggetto-oggetto, ma non senza intelligenza. E neppure senza conoscenza perchè la conoscenza, anch'essa impersonale, gli viene dal bagaglio di esperienze fatte in passato da sè e dai propri predecessori.

Noi umani, essendo abituati al modo di funzionare che l'Intelligenza assume in noi, possiamo presumere che istinto e valutazione di una situazione, conoscenza e impersonalità siano termini antitetici, ma non è così.
Tutto ciò che è avvenuto sul pianeta Terra dal suo inizio fino ad ora, ha portato le specie viventi attuali ad esistere e vivere con una determinata forma e in un determinato modo (e le altre preesistenti a scomparire) come l'effetto di una serie incalcolabile di esperienze conoscitive e verifiche selettive di fatto (equivalenti a dei veri e propri esperimenti) il cui risultato è precisamente la complessità delle caratteristiche delle specie attuali e della delicata serie di equilibri che permettono a tutte di coesistere vivendo ognuna nel modo che gli è ad un tempo il più proprio e spontaneo ed il più adeguato a dividere il mondo con le altre. Questa è niente di meno che la conoscenza del mondo, che il mondo ha e secondo cui vive. Non c'è un soggetto.
Chi “è” che “ha” questa conoscenza e l'intelligenza che l'ha prodotta all'interno dell'esperienza? Nessuno!
Si tratta di un'intelligenza e di una conoscenza impersonali: intrinseche alla materia, alla Realtà, che è in sè stessa Intelligenza - il che non toglie che sia pure tante altre cose.

Le divinità hindu con la loro testa a quattro (o più) facce che guardano nelle diverse direzioni ce ne rendono una buona immagine: la Realtà/realtà ha alcune caratteristiche proprie, alcuni aspetti di fondo che le sono naturali e non mancano mai a nessun livello. Uno di questi è l'Intelligenza, un altro certamente è il Movimento, ed un altro è la Varietà, la natura molteplice - che, in ultima analisi, è tutt'una col Movimento.
La differenza con l'immagine della divinità è che però non si tratta di un'entità personale, nè di un' “entità” tout court. Non c'è sostanza in realtà e non c'è soggetto.
Non c'è in termini assoluti: i momenti particolari e momentanei, i “dettagli” di conoscenza, di cui facciamo esperienza a livello individuale, si manifestano certamente in forma di soggetto/oggetto, ma in ultima analisi, non esiste un vero soggetto come noi lo possiamo intendere, perché questo presuppone necessariamente un oggetto altro e separato. Un “soggetto assoluto” che comprenda anche tutti i suoi oggetti di conoscenza, non è veramente un soggetto, non nel senso in cui possiamo usare questa parola. Dovremmo usarne un'altra, Luce, forse, o Intelligenza, ma in verità, fuori da soggetto/oggetto, finiscono anche le parole, le entità. Rimane solo attività vivente.
Così come c'è Movimento, ma non c'è “qualcosa” che si muove, c'è Intelligenza, ma non c'è “qualcuno” che conosce o “qualcosa” da conoscere: il vero cuore di questa Intelligenza (sia in termini oggettivi che soggettivi) è vuoto (al di là del definibile), ed è proprio per questo che ha la facoltà di conoscere/intelligere tutto e che questa facoltà è tutt'uno col suo esistere e con l'esistere di ogni cosa.

L'Intelligenza che agisce nel vivere di tutte le cose e tutti gli esseri realizza l'azione appropriata secondo il momento, nel contesto presente, intuitivamente e sulla spinta spontanea del voler vivere propria di ogni essere. Non c'è uno “scopo”: c'è solo la spinta a vivere ed una spinta intelligente, ovvero che tiene realisticamente conto (anche in base alla conoscenza nel senso di cui sopra) del contesto nel momento presente - il che significa in gran parte un senso innato della misura (che, visto dall'esterno, appare come un senso di armonia naturale ovvero, in fin dei conti, di Bellezza - il che dà anche origine al senso filosofico dell'Estetica).
Non c'è soggetto in questo e non c'è stacco fra la valutazione/riflessione, la decisione e l'azione. La natura dell'Intelligenza, nella nostra esperienza profonda, è fondamentalmente attenzione, presenza mentale. Perchè la realtà esprime sè stessa e noi non siamo altro da essa per cui possiamo coglierla direttamente, ma al di là delle parole.

L'Intelligenza nella sua forma peculiarmente umana è invece fatta di parole e concetti.
Non è che l'Intelligenza viva in noi solo in questa forma, ma questi sono i nostri strumenti, che ci hanno dato prima la facoltà di manipolazione tecnologica nel costruirci attrezzi e poi la capacità di inventarci immagini del mondo come meglio ci serve o ci piace.
Solo che dal gioco di riflessi che ne deriva noi troppo spesso siamo ipnotizzati e non distinguiamo più ciò che possiamo inventare col nostro strumento intellettuale da ciò da cui questo strumento trae origine, che è la realtà, quella vera, del tutto indipendente dal nostro modo di vederla.
Così finiamo per credere che l'intelligenza sia solo un fatto intellettuale e che la conoscenza debba necessariamente presupporre un soggetto. Da questo facciamo discendere l'idea per cui, se c'è un senso nel vivere, nella realtà, questo possa essere immaginato solo “a immagine e somiglianza” dello scopo che appartiene a questo soggetto (per quanto eventualmente ipostatizzato in una sua forma assoluta e metafisica).
In questo modo ci ritroviamo persi nei giochi di luce creati da quello che non può essere altro che un nostro strumento, preziosissimo, efficacissimo, ma altrettanto ammaliante e tale da illuderci di poter esaurire in sè stesso e nelle sue modalità di funzionamento tutta la realtà ed il suo senso.

Ci ritroviamo così incapaci di cogliere ciò che appartiene alla vera Intelligenza e che dà origine a tutta la nostra saggezza come a tutte le nostre illusioni, dato che, se i pensieri discorsivi che formuliamo appartengono a noi, l'Intelligenza appartiene alla Vita (che pure non è altro da noi).

Rispetto alla Vita, e alla natura dell'Intelligenza, nel pensiero discorsivo, nel linguaggio, c'è una stessa origine sia per la conoscenza che rispecchia correttamente la realtà che per le illusioni - ed anche per la capacità di distinguere tra le due.
Ma se, dal punto di vista nostro/umano e del pensiero/strumento di conoscenza/orientamento, è essenziale distinguere intellettualmente tra verità ed illusione (perchè ne va del nostro destino), non lo è altrettanto per la Vita, dato che la Vita vive, non specula, e non è soggettiva, per cui, il discrimine tra verità ed illusioni avviene nei fatti: alla lunga ciò che è possibile continua a vivere, di generazione in generazione, e ciò che non lo è scompare, semplicemente. Si dissolve dalla realtà come fosse un'idea assurda comparsa momentaneamente nell'incessante “produzione mentale” della Vita.

È un po' ciò che succede nella selezione naturale, a superare la quale ci è servita l'intelligenza concettuale. Dovremmo ora trarne la saggezza sufficiente a riconoscerla per ciò che è: una modalità di conoscenza strumentale, utilissima, ma che è pericolosissimo trasformare in questo labirinto di specchi (sempre riflettenti la nostra immagine umana) dal quale non sappiamo più uscire mentre corriamo verso la catastrofe per non saper immaginare strade diverse da quelle che vi portano.
Dobbiamo fare un passo evolutivo in più: andare al di là di ciò che rimane all'interno di quanto possiamo dominare col linguaggio e trovare qual'è la vera natura dell”Intelligenza.
Che è in noi, ma al di là di noi.
E al di là pure della stessa intelligenza come siamo abituati a immaginarla.


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